Non è solo una questione di praticità nella gestione dei documenti e di maggiore sicurezza in caso di contestazioni sulle operazioni registrate in un passato che può essere anche remoto.
La sfida della dematerializzazione investe in primo luogo il tema della produttività, cruciale per un Paese come il nostro che negli anni ha perso posizioni su questo fronte, ma ora è nelle condizioni di recuperare il gap, con tutto ciò che ne può derivare per la competitività delle aziende e per l’occupazione. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, tra il 2009 il 2015 i documenti scambiati in maniera elettronica sono quasi quadruplicati, superando quota 110 milioni. Eppure, il grado di digitalizzazione delle imprese italiane è ancora molto limitato e raramente è il risultato di un percorso di innovazione organico e ragionato. Spesso gli investimenti fatti in chiave paperless sono anche importanti, ma poi
non producono i risultati attesi se non risultano calati in una strategia globale. Da qui la necessità di pensare la rivoluzione “senza carta” a monte, con la consapevolezza che dematerializzare e gestire in modalità elettronica i documenti porta più efficienza e controllo, evitando ridondanze, tempistiche più lunghe ed errori tipici della gestione manuale (si pensi agli errori legati a sviste,
ripetizioni o mancanza di campi compilati).
L’Osservatorio già citato segnala che delle 5 milioni di aziende italiane, solo 60mila sono connesse ai propri partner commerciali tramite portali b2b ed extranet. Mentre molti documenti vengono ancora trasmessi a mano e altri spediti tramite fax o attraverso la posta tradizionale. Ci sono ancora clienti che preferiscono chiamare direttamente in azienda e dettare i propri ordini al telefono, anche se progressivamente cominciano a diffondersi le soluzioni digitali.
Come detto, però, la dematerializzazione non si esaurisce alla modalità di trasmissione di un documento. Si tratta di un processo che si sviluppa in tre fasi: se il documento è arrivato su carta, occorre un software di riconoscimento ottico dei caratteri che trasforma l’output analogico in un file digitale. Una volta reso elettronico, il documento può essere processato attraverso un sistema di gestione che consenta di organizzare e usare il file in modo efficace, rendendolo accessibile a qualsiasi dispositivo. Quindi il documento digitale può essere sottoposto alla
la conservazione sostitutiva, ovvero un insieme di procedure informatiche che attraverso un particolare sistema di archiviazione ottica attribuisce valore legale, civile e fiscale al documento digitale, il quale a tutti gli effetti è equiparato a quello cartaceo.
Una spinta importante alla dematerializzazione arriva dalle normative approvate negli ultimi anni. Già dall’inizio del 2013, inoltre, nel nostro Paese è stata sancita la parità di trattamento
per fatture elettroniche e cartacee per quel che concerne la garanzia di autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità nel tempo. E dall’anno successivo è partito l’obbligo di utilizzare questo strumento per i rapporti che le aziende hanno con la Pa italiana. Con il risultato di assicurare l’effettiva tracciabilità dei pagamenti (favorendo così il contrasto all’evasione fiscale) e garantire un maggior controllo della spesa pubblica. Ora la grande sfida è diffondere su larga scala la fatturazione elettronica anche tra i privati.
[Fonte Affari & Finanza Repubblica – 12 Giugno 2017]