L’età digtale promette tanta più prosperità e libertà personale quanto più alta è la fiducia tra persone, istituzioni, associazioni e imprese. Ad alzare molto l’indice di fiducia contribuisce la sicurezza informatica. Entro il 2020 ci saranno circa 34 miliardi di dispositivi connessi a Internet rispetto ai 10 miliardi del 2015. L’evoluzione di Internet permette agli oggetti della nostra vota quotidiana, alle macchine e attrezzature delle imprese, di acquisire «intelligenza»: il che vuol dire che possono
comunicare dati e accedere a informazioni. Ebbene, dei 34 miliardi di dispositivi digitali, 24 miliardi rientrano in questo scenario che prende il nome di «Internet
delle cose» ( «Internet of Things» o IoT nella dicitura inglese comunemente accettata). Gli esperti d’informatica sollevano crescenti preoccupazioni
circa la sicurezza di questi dispositivi. Dal momento che l’IoT è un mezzo che trasmette enormi quantità di dati, c’è in gioco la loro riservatezza. Navigando nell’oceano dell’Internet of Things, la società di consulenza Accenture ha scoperto che, dopo il prezzo, la preoccupazione per la sicurezza è il motivo più sentito a frenare i potenziali
acquirenti dall’avvalersi di dispositivi IoT. Il gruppo Bain ha messo la sicurezza in cima all’elenco dei timori riguardanti le «cose intelligenti», con il 45% degli intervistati che la indicano come uno delle tre barriere principali per l’attuazione di IoT.
La società Forrester, esaminando 232 aziende che hanno sviluppato prodotti di IoT, ha rilevato che il 38% vede nella sicurezza la sfida più grande per l’implementazione di questo genere di servizi e il 6496 ha citato la sicurezza dei dati e dei dispositivi come la caratteristica più importante dei prodotti IoT.
Infine, da un’indagine su 220 professionisti della si curezza risulta che solo il 3096 ritiene le loro organizzazioni preparate a fronteggiare le minacce alla sicurezza relative ai dispositivi smart.
Oggi, ci troviamo nel bel mezzo di una campagna informativa ed educativa indirizzata a mettere alla prova sistemi in grado di contrastare gli attacchi informati ci che mettono a repentaglio i valori della fiducia e della libertà. In EmiliaRomagna, incroci virtuosi tra studi nel vasto campo dell’informatica ecreazione di imprese innovative hanno già prodotto anticorpi a difesa del contagio da virus informatici.
A Modena, l’ateneo modenese-reggiano è impegnato insieme a due imprese l’Expert System che sviluppa software per l’analisi delle informazioni a supporto delle aziende e la Cy4gate nella formazione di giovani «antipirata informatici» che possano contribuire alla messa a punto di sistemi a protezione dei contenuti diffusi in
rete. A Ravenna, il gruppo Itway ha predisposto una piattaforma dedicata ai servizi di sicurezza informatica gestita.
I pirati hanno la meglio a causa della debolezza umana che si manifesta con i continui fallimenti nel resettare password generiche e nomeutente. Per gli esperti, gli attacchi dimostrano che le vulnerabilità di JoT è spesso dovuta alla mancanza di assistenza nella gestione e nella manutenzione dei dispositivi digitali. Gli sforzi intellettuali vanno indirizzati verso le iniziative di sicurezza che affrontano le debolezze derivanti sia dalle vulnerabilità tecnologiche che dalla mancanza di cautela tra
coloro che utilizzano dispositivi smart.
[Fonte Corriere Imprese – 22 Maggio 2017]